La recensione di “Ridefinire il volontariato” su Rivista Impresa sociale

Il libro Ridefinire il volontariato (Pisa, 2020) muove da una idea apparentemente semplice: “frammentare” l’art. 17, c.2 del Codice del Terzo settore in singoli sintagmi, ciascuno dei quali è analizzato da uno studioso o un esperto del tema che, con la propria sensibilità, ne ha offerto una lettura.

L’art. 17, c.2 reca la definizione del volontario. Si afferma – come è noto –  che «il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà». L’alter ego è la norma sul volontariato nell’impresa sociale (art. 13, co.2 d.lgs. n. 112 del 2017).

Questo comma si rivela, nello sviluppo libro, un territorio tutto da esplorare. Anzitutto, sul piano giuridico: vi è una serie di nuovi fenomeni sociali in ascesa rapida tutti da decifrare. Basti pensare che la recente L.R. n. 65 del 2020 della Regione Toscana  – proseguendo nel percorso delineato dall’art. 17 – è intervenuta, per la prima volta, per disvelare un nuovo tratto distintivo, rimasto a lungo confinato solo nel campo metagiuridico o nelle pronunce dei giudici contabili: il volontariato individuale nei confronti delle P.A. Non poche le discussioni che hanno accompagnato questa scelta normativa, ritenendolo una alterazione del panorama dell’assetto del volontariato regionale. E qualche giorno dopo, la L.R. 71 del 2020, sempre della Regione Toscana, ricorreva ad una nozione ancora più ampia – la cittadinanza attiva – per descrivere una serie di fenomeni dai contorni ancora più ampi e sfuggenti (specialmente connessi alla cura dei beni comuni).

Ma quell’art. 17, c. 2 è pure una sorta di manifesto culturale che esprime il modo in cui oggi il legislatore – leggasi: le forze politiche e sociali – ha guardato al fenomeno del volontariato. Dal volume emerge come la norma abbia accolto una accezione particolarmente esigente. È un volontario libero, che individua i fini ed i mezzi della propria azione orientata a migliorare le condizioni di vita della comunità, che è responsabile, che argomenta a quale comunità egli intenda riferirsi ed a quale idea di bene comune voglia ispirarsi, che accetta l’idea di seguire linee di azione divergenti rispetto a quelle tratteggiate dalla P.A. (non semplice esecuzione di ordini amministrativi).

Oltre ai curatori, hanno contribuito Pasqualino Albi, Maurizio Ambrosini, Gregorio Arena, Carlo Borzaga, Antonio Cecconi, Andrea Salvini, Jacopo Sforzi, Vincenzo Tondi Della Mura. Il gruppo degli autori – come si può vedere – è multidisciplinare (giuridico, economico-aziendale, sociologico, esperienziale), i contributi sono brevi, di agile lettura, con l’indicazione di una breve bibliografia di approfondimento. Non c’è pretesa di dare risposte, ma di avviare un dibattito. L’intenzione è stata quella di ricollocare al centro della discussione l’approfondimento sull’identità del volontario, troppo spesso appannata nel dibattito pubblico (ad es., confusa con i lavori socialmente utili, con le prestazioni a corredo del reddito di cittadinanza…), utilizzata retoricamente (“i volontari” o il “volontariato” come entità astratta) o demagogicamente (creando una opposizione fra politica e volontariato, ad esempio) oppure sottovalutata (la vicenda delle misure anti-crisi nel corso della pandemia è eloquente). Ed invece è uno degli attori principali della trasformazione della comunità, con un suo profilo definito.

L’articolo è a cura di Luca Gori ed è consultabile sul sito di Rivista Impresa sociale.