La riforma del Terzo settore inizia a «vivere», entrando nelle realtà territoriali, Regioni ed enti locali. Dopo qualche giorno dalla sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale (che – si ricorda – ha riconosciuto la legittimità degli istituti dell’amministrazione condivisa, nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale), la Toscana ha approvato una la prima legge (n. 65 del 2020) di attuazione complessiva della riforma nazionale, frutto di un itinerario di “gestazione” di più di un anno, dopo aver già messo mano all’aggiornamento della legge sulla cooperazione sociale nel 2018. Un attivismo che indica il bisogno delle amministrazioni, specialmente nella pandemia, di poter avere a disposizione un set di strumenti normativi certo ed innovativo.
Ma quali sono i “temi forti” della legge? Senz’altro, il merito – specialmente quando era ancora una proposta in discussione in Consiglio – è di aver posto con forza nel dibattito il tema di provare ad impostare una diversa lettura dei rapporti fra Terzo settore e P.A. (co-programmazione, co-progettazione, convenzioni), in controtendenza rispetto alle chiusure provenienti soprattutto dalla giurisprudenza amministrativa. Sulla scorta dell’ampio dialogo sviluppatosi a livello nazionale, l’iniziativa toscana ha voluto essere una sorta di laboratorio. L’idea di fondo è stata quella di riconoscere che, nelle relazioni fra Terzo settore e P.A., lo strumentario del Codice dei contratti pubblici non fosse totalmente adeguato, e servissero le forme del Codice del Terzo settore per costruire la collaborazione nelle attività di interesse generale: uno spazio ampio, in gran parte ancora da esplorare, che supera ampiamente l’ambito sociale e socio-sanitario nel quale, attualmente, si registrano le esperienze più interessanti. Questa opzione è stata ripresa, a livello nazionale, anche nel recente decreto-legge Semplificazioni (n. 76 del 2020, art. 8). La legge toscana, inoltre, ha previsto, fra l’altro, che la co-progettazione possa essere attivata anche «a seguito di iniziativa di uno o più enti del Terzo settore».
L’iniziativa “dal basso” può rappresentare, in potenza, una profonda ridefinizione dell’organizzazione e dell’esercizio delle funzioni amministrative: sono gli ETS che indicano alla P.A. i progetti e gli interventi di interesse generale; spetterà poi alla P.A. motivare perché non si avvia un percorso di «amministrazione condivisa».
Ciò comporta un grande sforzo delle realtà del Terzo settore, dal volontariato all’impresa sociale, che non dovrà solo aderire ad una proposta pubblica, ma pure sollecitare la P.A. per generare cambiamenti nelle comunità. Se non si coglie questa prospettiva, il timore è che gran parte dei ragionamenti sull’amministrazione condivisa rimangano una bella teoria o un esercizio retorico. Uno sguardo è poi rivolto alle nuove forme di impegno volontario, che non sono più numericamente e qualitativamente trascurabili. La legge, infatti, codifica lo svolgimento di volontariato individuale nei confronti della P.A., non tralasciando la collaborazione con il volontariato organizzato e impegnandosi per favorire il consolidamento delle attività di volontariato come espressione di un ente. Vi è, quindi, una scelta politica– il volontariato come attività svolta essenzialmente dentro un’organizzazione – e, allo stesso tempo, una presa d’atto delle mutevoli espressioni dei volontariati del nostro tempo.Merita una segnalazione anche la disciplina del raccordo fra Terzo settore e Regione, attraverso l’istituzione di una Consulta regionale del Terzo settore, con la presenza di tutti i player più importanti (Forum Terzo settore, CSV, fondazioni bancarie, ecc.) con funzioni consultive nei confronti di Giunta e Consiglio regionale, nonché ricerca, indagine e monitoraggio sull’attuazione della legge.
L’iniziativa toscana è destinata a fare da apripista per i successivi interventi regionali e susciterà un dibattito. Valle d’Aosta, Friuli, Emilia Romagna, Lazio ed altre Regioni stanno discutendo su possibili interventi legislativi. In Toscana, la sfida ora è quella dell’attuazione, nel quadro della nuova legislatura regionale. Risolte le questioni giuridiche, ora la norma è chiamata a farsi esperienza vivente, innescando cambiamenti nelle amministrazioni e nel Terzo settore (in senso ampio), facendo convergere gli sforzi sull’interesse generale. E sapendo che, a breve e fisiologicamente, la legge potrebbe essere chiamata nuovamente a cambiare, per registrare i fermenti sociali più nuovi.
a cura di Luca Gori* [articolo pubblicato su Buone Notizie del Corriere della Sera del 20 ottobre 2020]
* Scuola Superiore Sant’Anna – Centro Ricerca Maria Eletta Martini